lunedì 8 febbraio 2016

Utopia Ludica

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“Una nuova babilonia – un nome provocatorio, giacchè nella tradizione protestante Babylon è la raffigurazione del male. New Babylon, invece, vuole essere la raffigurazione del buono che prende il suo nome dalla città maledetta e la trasforma nella città del futuro.” [1]

Visionario? Forse si. Artista? Sicuramente. Architetto? Senza ombra di dubbio!
La storia di Constant Nieuwenhuys e del suo lavoro è un filo che lega tra loro utopia e possibilità reali, visione e reificazione, sogno e realtà. Sfogliando le pagine di un libro di storia dell’architettura e vedendo immagini del lavoro del maestro olandese si rimane quasi stupiti di trovarlo lì; ad un primo sguardo sembra inopportuno collocarlo tra gli architetti, data la forte singolarità dei suoi lavori, ma studiandone attentamente l’opera si capisce come sia difficile al tempo stesso porlo nella sfera del semplice artista. Nei suoi disegni si percepisce un metodo progettuale forte proprio dell’architettura, che affonda fortemente nello spazio e nel tempo che si trova a vivere.

Ma esattamente che momento storico vive Nieuwenhuys? Siamo nel 1957 e l’Internazionale situazionista muove i suoi primi passi nel regno della storia. La guerra è un ricordo ormai ma  molte ferite sono ancora aperte e le prime risposte che l’architettura tenta di dare dopo il conflitto sembrano non soddisfare le nuove generazioni e le fasce più radicali di una sinistra che non esiste più. 

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I situazionisti, anticipando la forza rivoluzionaria del ’68, vogliono distruggere gli ultimi brandelli della fredda razionalità capitalistica che aveva portato il mondo al collasso: zoning, catena di montaggio, sistema produttivo sono parole che vengono completamente rifiutate. L’uomo non è più visto nella sua immagine di “homo faber”, ovverosia un uomo che trova l’unica sua affermazione d’identità nel lavoro, ma in una nuova veste di “homo ludens”, l’uomo che trova una sua dimensione di scambio nella pratica inclusiva del gioco.

Da dove partire quindi per ribaltare un sistema che ormai ha dimostrato la sua inefficacia? Per segnare una frattura tra un passato da dimenticare e un futuro da scrivere? 
Constant Nieuwenhuys capisce che la prima opera da compiere è demolire, smembrare, invertire di senso il simbolo del tempo corrotto che si vuole rifiutare. E quel simbolo nel 1959 è proprio la città. 

La città che la guerra ha lasciato è uno spazio lacerato, privo di identità che porta i segni una follia senza precedenti. I nobili presupposti che hanno mosso le elitè dell’architettura sembrano ottenere gli effetti opposti: la realizzazione di nuovi sistemi abitativi, spesso in zone fuori dal tessuto storico generano dei “limbo” dei quali al di fuori dello spazio e del tempo ma allo stesso tempo in relazione col sistema che li circorda. Michel Foucault[2] chiamerebbe questi spazi Eteroropie.


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Esse sono “luoghi […] al di fuori di ogni luogo[3] e, per quanto localizzabili, al loro interno si creano relazioni complesse che non trovando soddisfazione in un mondo più vasto si affievoliscono della loro vitalità. Potremmo definirle dei contro-luoghi, che racchiudono spazi al loro interno incompatibili tra loro.

Nieuwenhuys percepisce la frustrazione, l’angoscia, lo smarrimento che prova chi è costretto a vivere in tali spazi e tenta, coraggiosamente di trovarvi rimedio. Pensa la città per un uomo nuovo, un “homo ludens” pienamente libero e cosciente di poter forgiare un mondo nuovo attraverso la creatività e il libero gioco, forma di apprendimento fondamentale e momento inclusivo di relazione col diverso da noi. 

Il gioco è magia, all’interno del recinto ludico siamo tutti uguali, ci consente di recuperare quell’animo infantile per il quale non esistono differenze e ci catapulta in un mondo magico di apertura all’avventura, all’incontro e allo scambio creativo.

Da questo nasce New Babylon, la città del disorientamento, del nomadismo, della libertà di trovarsi in diversi allo stesso momento poiché non esiste uno spazio che respinge ma spazi che accolgono. È una visione nomade dell’esistenza che sembra lenire il male esistenziale di chi ha vissuto gli orrori nazisti.


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La città si sviluppa secondo una serie di elementi fondamentali e secondo una maglia di settori che si espandono sempre di più fino a dominare il territorio. È incredibile come 50 anni prima di Matrix, della nascita del web e del concetto di newtork digitale Nieuwenhuys proponga una strategia che sembra affondare le sue radici nell’idea dinamica del digitale.
La struttura degli insediamenti segue il tracciato dei percorsi e si compone di maglie di unità di produzione autonome, e dai settori, bracci in costante evoluzione che compongono un paesaggio artificiale sollevato di venti metri rispetto al suolo. L’architetto realizza una “scacchiera”, per usare un termine a noi caro, che non ha confini e, muovendosi secondo un’idea di base forte, è perfettamente reiterabile e aperta a molteplici variazioni.


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New Babylon è oggi un’utopia, un’utopia nomade se così possiamo definirla, ma la forza delle sue idee corre sotterraneamente, come un fil-rouge, e nell’epoca delle grandi migrazioni, sembra oggi più attuale che mai.


Bibliografia e Note
Saggio A., Architettura e Modernità, Carocci, Roma, 2010
Foucault M., Spazi Altri, I luoghi delle eterotopie, Mimesis, Milano 2000
Huizinga J., Homo Ludens., Einaudi, Torino 2002
Augè M., Nonluoghi. Introduzione ad un'antropologia della submodernità, Eleuthera, 2009
Staccioli G., Il gioco e il giocare. Elementi di didattica ludica, Carocci, 2008
[1] Henri Lefebvre

Raccolta immagini
[Immagine 1] Constant Nieuwenhuys nel suo studio (1967 circa)
[Immagine 2] Amburgo dopo i bombardamenti del 1945
[Immagine 3] “Heretopia, The Tragic Fall” by Vincent J. Stoker
[Immagine 4] Prospettiva New Babylon
[Immagine 5] Disegno raffigurante il settore nord di New Babylon
[Immagine 6] Esempio di elemento base della configurazione della città
[Immagine 7] Elaborazione digitale a cura dell'autore

Sitografia
https://relationalthought.files.wordpress.com


Valerio Perna



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